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Momenti di gloria

, 7 Agosto 2021

Si è da poco conclusa la 32° olimpiade, quella targata Tokyo 2020, che come tutti sappiamo si è tenuta quest’anno, causa Covid, un’edizione con ottimi risultati riportati dagli atleti azzurri; 40 medaglie! La prossima si terrà Parigi, e in quella data, 2024, saranno esattamente 100 anni dall’avvenimento raccontatato da questo film.

Momenti di gloria
, Chariots of Fire è il titolo originale, è un film del 1981 diretto da Hugh Hudson. Presentato in concorso al 34º Festival di Cannes, il film è tratto dalla storia vera degli universitari di Cambridge che si allenarono per partecipare alle Olimpiadi del 1924 di Parigi. Iconica l’immagine degli atleti che corrono sulla spiaggia. Il film, che ricevette sette nomination agli Oscar e ne vinse quattro, è anche ricordato anche per la celebre colonna sonora del compositore greco Vangelis.

Il film, basato su fatti e personaggi reali e storici, parla delle due storie parallele, e a un certo punto convergenti, di Harold Abrahams e di Eric Liddel. Il primo, ebreo, è studente di legge alla Caius College di Cambridge, podista; il secondo, scozzese, è valente ala di una squadra di rugby, prossimo mezzo-fondista alle olimpiadi 1924 di Parigi. Harold ha una forte personalità dove l’orgoglio per le sue capacità atletiche si unisce a una spiccata volontà di auto-determinazione, volontà che non fa difetto neppure a Eric, peraltro subordinato a un’autentica fede cristiana. Eric è un protestante, con veleità missionarie, ma anche con una grande voglia di esprimere quel dono naturale, nonchè divino, che lo ha messo in grado di correre veloce come una gazzella.
La sorella, anch’ella prostestante, non condivide però la passione sportiva del fratello e desidera che egli prediliga l’attività missionaria. Eric si sente leggermente scosso da questa contrarietà ma persevera in quella che reputa essere la sua vocazione.

Intanto si approssima l’evento olimpico ed Eric viene esortato dai suoi fratelli in fede a dare sfogo ai propri impulsi agonistici cercando di glorificare il Signore ed evitando i compromessi. Eric prende coraggio e durante una predicazione esprime le sue motivazioni dicendo che per lui la fede equivale a disputare la gara per la santità, equivale ad un’arte positiva, il sacrificio di sé.

Finalmente a Parigi, l’anno era il 1924. Un primo problema però si pone per Eric. Le eliminatorie si disputano di domenica e questo cozza con la sua convinzione che la domenica debba essere interamente dedicata a Dio, e dunque non allo sport. La soluzione, però, si nasconde dietro l’angolo. Il podista Lindsey, che aveva corso con Harold e perso il certame di Caius, subentra in un incontro fra Eric e il comitato olimpico e propone che Eric lo sostituisca nella corsa per i 400 metri in programma per giovedì. Proposta accolta; Eric vince!

Sarebbe riduttivo definire il film una semplice esaltazione dello sport in sé per sé. Momenti di gloria, infatti, punta l’obiettivo sul contenuto profondo dello sforzo agonistico e lo fa da una duplice angolazione. Da un lato abbiamo Harold, un orgoglioso ebreo già perfettamente calato nella mentalità e costume inglese, che concepisce lo sport come strumento di esaltazione, di costruzione, come diceva lui. Dall’altro lato abbiamo Eric, uno scozzese protestante, che vede nella corsa la doverosa risposta a una precisa chiamata di Dio, quel Dio che lo aveva fatto anche per correre.
Harold trova nell’atletica un’arma contro l’essere ebreo; Eric sente Dio compiaciuto nel vederlo correre.

La vita secondo gli insegnamenti di Dio richiede una disciplina rigorosa e costante, infatti, si manifesta appunto come una continua sfida contro le inside delle potenze del male. Per questo l’apostolo Paolo, ben consapevole delle difficoltà, invitava a combattere la buona battaglia della fede, come troviamo scritto nella prima lettera a Timoteo al capitolo 6 versetto 12, senza scoraggiarsi di fronte agli ostacoli, e proponeva di non dimenticare la sicura realtà del premio dicendo: “Corro verso la meta per arrivare al premio che Dio mi chiama a ricevere lassù.” (Fil  3:14). La vita cristiana appare, dunque, come uno sport assai impegnativo, che unifica tutte le energie dell’uomo per orientarle verso una meta che realizza nella nostra umanità la misura del dono di Cristo (Ef 4:7). La fede cristiana non solo non è lontana dallo sport, ma è capace di renderlo più vero, e maggiormente in grado di procurare quello sviluppo umano che, in ultima analisi, è lo scopo di tutta l’attività sportiva.

Ebbene Eric sapeva che Dio lo aveva fatto anche per correre, come disse testualmente alla sorella, e disse anche che sentiva Dio compiaciuto nel vederlo correre. Allargando il discorso, ognuno di noi è chiamato a fare la sua corsa, tutti siamo dotati di diversi talenti per essere impiegati là dove Dio ci chiama.

Un’altra considerazione che scaturisce dalla visione di questo film è quello che potremmo chiamare il domenicalismo di Eric, cioè quel suo religioso, rigoroso, problema, che è sopravvissuto sino ai giorni nostri. I farisei ce l’avevano appunto con il sabato, nel senso che ritenevano il sabato un giorno da non contaminare con alcuna attività, al punto che erano arrivati all’estremo di considerare lavoro anche il fare una semplice opera di carità, o sollevare un animale caduto in un fosso; anche quello era un lavoro, e quindi facendolo si peccava. Perdevano di vista il principio che presiedeva il giorno del sabato. Ecco, é quando si perde di vista il principio e si focalizza invece la cosa a cui esso si applica, che si cade nell’estremismo, nell’ipocrisia.

Dio vuole che un giorno su sette sia dedicato al riposo fisico e spirituale, ma questo non significa che non si debba fare niente, perché, allora, se vogliamo portare il domenicalismo alle sue estreme conseguenze, allora dovremmo trascorrere quella giornata interamente pregando o adorando, il che è abbastanza fuori di logica. L’importante è che Dio sia sempre al centro delle nostre attività, il quale principio vale sette giorni su sette.

Il pericolo del domenicalismo è anche quello di sopravvalutare la domenica rispetto agli altri giorni, quasi che il resto della settimana avessimo il permesso, in qualche modo, di poterci dimenticare del nostro Creatore. Dio deve essere sempre al centro delle nostre attività; d’altra parte viviamo in un mondo in cui esimersi dalla benché minima attività che si chiami propriamente “lavoro” oppure no, è impossibile.

La convinzione di Eric, il protagonista in questo film, che rimane del pensiero che la domenica vada totalmente dedicata a Dio, ed è un principio che rimane vero nella sua applicazione, ma non estremistica, come purtroppo molte volte si vede fare.

Eric Liddel fu missionario in Cina fino alla sua morte avvenuta nel 1945. E’ sepolto in Cina nel Mausoleo dei Martiri di Shijiazhuang, cosa alquanto rara per un non cinese (Vedi Wikipedia.org).

Dal programma radio “Contrappunti” del 13/08/21

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